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Passaggio generazionale o cooperazione generazionale?

Negli ultimi 20 anni l’ambiente di lavoro ha attraversato dei grandi cambiamenti, ma la vera rivoluzione deve ancora arrivare e sarà il fattore generazionale a provocarla. Il profondo mutamento che investirà filosofia, regole e prassi del luogo di lavoro rende necessario individuare un fattore «sostenibile» e unificante, capace di trarre il meglio dalle nuove correnti generazionali emergenti all’interno dell’azienda focalizzandole su di un obiettivo comune

Tratto da «Studying Varied Sustainability Perspectives, Bill Consley, 2011, FMJ

“La nostra maggiore responsabilità è cercare di essere degli antenati migliori.”

“Jonas Salk”

Come Azienda riferita alle HR, l’interesse per il fattore umano per noi è sempre stato alto in termini di osservazione del modo di comunicare fra le persone e fra i sessi. Questo ci ha consentito di sviluppare fin da sempre uno spirito di osservazione che ci ha accompagnato nella scelta del lavoro, in un’ottica pragmatica ed anche concreta. Molti di noi hanno cominciato a lavorare in azienda prima come consulenti, con incarichi gestionali cercando di diffondere la comunicazione non verbale come chiave di miglioramento ed efficacia nella gestione delle relazioni ed alcuni di noi hanno avuto anche esperienze come selezionatori. Personalmente dal 2003 ho avuto l’opportunità di affiancare la crescita di dirigenti, manager e imprenditori come Consulente e con loro, contribuire a sostenere le aziende all’interno delle quali lavorano ed esercitano il loro mandato.

I temi più comuni affrontati con i clienti nei percorsi di Consulenza, solo per citarne alcuni, sono:

  • la motivazione delle risorse e la loro performance
  • metodologia di cambiamento delle persone nelle organizzazioni
  • la gestione del team in modo più efficace
  • l’implementazione di strategie aziendali con tempi veloci e con efficacia
  • la ricerca di senso personale rispetto al lavoro svolto o alla mission da realizzare
  • il miglioramento della relazione con colleghi o superiori

All’interno di queste consulenze ho potuto osservare sempre più generazioni convivere, fianco a fianco e nella stessa azienda, per raggiungere un obiettivo o applicare una strategia, oppure competere per la stessa posizione.

Solo pochi anni fa, le società di selezione nella ricerca di un profilo soprattutto in Italia, avevano nel mandato di esecuzione o head-hunting, oltre al ruolo e alla seniority legata alla competenza del profilo, anche l’età e il genere come fattore critico per la ricerca della posizione e spesso al di là delle stesse disposizioni di legge. Oggi per la stessa posizione e con la stessa competenza (l’età non è più un filtro così rigido vista la difficoltà nel reclutare dovuta ai cambiamenti demografici) le società di selezione e le aziende presentano e cercano candidati nei Millennials, X generation, Boomers e Matures ed anche la Z Generation che si sta ora inserendo nel contesto, molte generazioni quindi competono per le stesse posizioni.

Sono cadute le barriere legate all’età e al compenso che potevano incidere sulla scelta finale del candidato, sono cambiati i criteri formativi e i livelli di accesso alla costruzione delle competenze, più facilmente fruibili grazie alle nuove tecnologie. La competenza non è più una questione di età e nemmeno un requisito indispensabile della Leadership.

Difatti da questo punto di vista privilegiato di consulente, ho visto la nascita dei fraintendimenti e delle tensioni, a volte la trasformazione di contrasti in conflitti, soprattutto recentemente, quando nel team ci sono persone che appartengono a una o più generazioni diverse, allo stesso modo ho anche visto come le nuove tecnologie apprezzate e utilizzate in modo diverso dai membri di ogni generazione, possono avvicinare le persone oppure allontanarle.

A seconda della fase di vita in cui le persone si trovano cambiano i bisogni e le aspettative, sono gli aspetti evolutivi delle età che ci accompagnano come esseri umani. A causa del grande cambiamento demografico che stiamo vivendo in modo così accelerato, oggi questi bisogni e caratteristiche sono sempre più evidenti, soprattutto in ambienti ristretti come le aziende.

Rispetto a quando ho cominciato a lavorare come consulente, oggi esiste una profonda differenza di approccio nella gestione e nella motivazione delle risorse umane in azienda, sia rispetto ai singoli individui, sia rispetto al profondo e rivoluzionario cambiamento delle forme di comunicazione tra le persone grazie alle innovazioni tecnologiche.

Ad esempio, chi ha intorno ai 35/45 anni (X Generation) potrebbe tendere ad agire in un’ottica di miglioramento immediato e “messa in sicurezza” per sé stesso o per la propria famiglia. Nei percorsi di crescita o di sviluppo professionale o anche organizzativo, disegnati per loro dagli uffici HR spesso viene proposta e scelta una modalità di skill o performance coaching (focus sul miglioramento di una capacità, oppure sulla performance individuale o di team).

Chi si aggira intorno ai 55/60 anni (Baby Boomer) può essere più sensibile al senso del proprio lavoro, alla paura di non essere più utile (ad es. nelle P.A. o nelle grandi organizzazioni), al trovare modi diversi dalla leva economica per motivare se stesso o i propri collaboratori ed è vero che ad ogni fase di vita cambiano i bisogni delle persone, ma è altrettanto vero che le organizzazioni o meglio le persone che fanno le organizzazioni, non sono spesso “consapevoli” di questo cambiamento e soprattutto in Italia non sempre viene valutato l’impatto in termini di motivazione e performance sui lavoratori, come ad esempio avviene più spesso a livello internazionale o in alcune realtà medio-grandi sul territorio italiano.

Da queste riflessioni e dal confronto con colleghi italiani è nata la volontà di comprendere più a fondo cosa succede in termini generazionali, in Italia nel mondo del lavoro e soprattutto, se c’è la consapevolezza dell’impatto di questa variabile sociale nei processi di lavoro ed ancora, se e come questa opportunità viene o non viene utilizzata.

Il passaggio generazionale sia che si tratti di figli e nipoti che entrano in azienda, come anche può succedere per nuove generazioni di manager che entrano a far parte delle linee manageriali aziendali vengono percepite come più complesse e a volte si preferisce ricorrere ad un “ricambio generazionale forzoso” anche se questo risulta sicuramente più facile in termini temporali ma molto più costoso in termini di sudore e sangue versati. Del resto, si sa, cambiare è faticoso!

Questo atteggiamento ha come effetto quello di pensare di risolvere le problematiche generazionali, ma nel medio-lungo periodo quello di depauperare l’azienda di qualità e talenti che possono, se ben gestiti rappresentare una vera ricchezza.

Con lo scopo di trasformare in valore quello che spesso è un problema, abbiamo creato un percorso specifico che deve includere tutte le risorse presenti in azienda, a prescindere dalla loro età, dal sesso, dalla provenienza geografica, dalla religione o da ogni diversità.

Leggere la realtà e il mondo delle relazioni umane al lavoro e fuori con la “lente generazionale” può essere uno degli ingranaggi del motore evolutivo.

di Antonio Costantini

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